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10 film sugli insetti: da Bug’s Life e Z la Formica a Mimic di Guillermo del Toro

Gli insetti al cinema sono dappertutto: documentari che ti fanno vedere l’erba come una giungla, cartoon con morale sociale e thriller dove un coleottero ti guarda male dal buio. Qui trovi dieci titoli, uno per capitolo, con dettagli utili per chi ama natura, animazione e brividi.

Angeli e insetti (1995)

Dramma vittoriano di Philip Haas tratto dalla novella “Morpho Eugenia” di A. S. Byatt. Un giovane entomologo entra nell’orbita di una famiglia dell’alta società inglese e, studiandone i riti e le rigidità, svela una trama di desideri, ipocrisie e segreti fitta quanto un formicaio. Fotografia e costumi ricostruiscono l’epoca con ricchezza tattile; il film ottenne una candidatura all’Oscar per i migliori costumi. Nel cast spiccano Mark Rylance e Kristin Scott Thomas.
Il cuore del racconto è il parallelismo tra le gerarchie umane e l’ordine degli insetti: non un semplice ornamento tematico, ma una lente critica che illumina potere, controllo e riproduzione sociale. L’eleganza visiva sostiene un’osservazione entomologica coerente, trasformando i salotti vittoriani in un laboratorio di comportamenti collettivi.

James e la pesca gigante (1996)

Adattamento in stop-motion dal romanzo di Roald Dahl, diretto da Henry Selick. James, orfano e prigioniero di due zie orribili, trova una pesca gigantesca e ci si addentra con un gruppo di insetti antropomorfi: una vedova nera british, un millepiedi guascone, una lucciola dolcissima, un baco da seta saggio, una coccinella materna e uno scarabeo violino.
Il viaggio dall’Inghilterra a New York è un’odissea di metamorfosi emotiva: l’insetto qui è famiglia scelta, ribalta dell’isolamento infantile. La regia cesella pupazzi e texture organiche, alternando brevi inserti live action. Risultato: un coming-of-age visionario, dove il “mostruoso” diventa casa e la meraviglia ha un’ombra timburtoniana senza perdere la carezza di Selick.

Microcosmos - il popolo dell’erba (1996)

Nuridsany e Marie Pérennou che, grazie a macrofotografia, time-lapse e un disegno sonoro avvolgente, trasforma prati e stagni in un universo epico. Prodotto da Jacques Perrin con musiche di Bruno Coulais, rinuncia alla voce fuori campo didascalica e lascia che sia la natura a raccontarsi.
Le riprese ravvicinate conservano ancora oggi un potere ipnotico. Restano nella memoria lo scarabeo stercorario al lavoro e il ragno subacqueo che costruisce la sua campana d’aria: miniature di sopravvivenza e ingegno.

Mimic (1997)

Guillermo del Toro firma un horror fantascientifico ambientato a New York: per fermare un’epidemia trasmessa dagli scarafaggi, alcuni scienziati creano il Judas breed, ibrido programmato per estinguersi. Non va così. Tra tunnel, stazioni e pertugi, prende forma un bestiario inquieto tipicamente deltoriano.
La lavorazione fu segnata da tagli e pressioni produttive, ma il film resta interessante per l’uso di effetti pratici e per il world-building. La critica negli anni gli ha riconosciuto più meriti di quanto avvenne all’uscita.

A Bug’s Life - Megaminimondo (1998)

Secondo lungometraggio Pixar dopo Toy Story. Flik, formica inventiva, prova a liberare la colonia dal dominio delle cavallette arruolando per errore una troupe di insetti circensi. Regia di John Lasseter con co-regia di Andrew Stanton: una tappa fondamentale della CGI di fine anni Novanta.
Rimane l’allegoria limpida sulla cooperazione contro il sopruso e una galleria di personaggi dal design diventato iconico, capace di parlare a bambini e adulti.

Z la formica (1998)

Esordio di DreamWorks Animation, diretto da Eric Darnell e Tim Johnson. Z è un’operaia nevrotica che sogna l’individualità in una società collettivista. L’uscita quasi in simultanea con A Bug’s Life alimentò la celebre “guerra delle formiche”: qui il tono è più adulto, con satira socio-politica e un cast vocale prestigioso.
Il confronto industriale con Pixar contribuì a definire due visioni differenti dell’animazione in CGI, lasciando a questo titolo un ruolo chiave nella storia del genere.

Ant Bully - una vita da formica (2006)

Un bambino che tormenta un formicaio viene rimpicciolito e costretto a vivere tra le formiche per comprendere le conseguenze delle sue azioni. Regia di John A. Davis, dal libro di John Nickle: racconto d’avventura a misura di famiglia, senza moralismi pesanti.
Funziona come classico percorso di crescita: ritmo scorrevole, messaggio ecologista chiaro e un utilizzo molto intelligente del cambio di scala per ribaltare il punto di vista.

Bug - la paranoia è contagiosa (2006)

Thriller psicologico di William Friedkin, tratto dalla pièce di Tracy Letts. In una stanza d’albergo, una donna e un reduce scivolano nella convinzione di essere infestati da parassiti invisibili. Gli insetti diventano immagine della psicosi che si propaga e consuma la coppia.
Spiccano le interpretazioni di Ashley Judd e Michael Shannon, la messa in scena asciutta e l’uso dell’infestazione come metafora della contaminazione mentale: disturbante, teso, essenziale.

Le meraviglie (2014)

Lungometraggio di Alice Rohrwacher ambientato nella campagna umbra, segue Gelsomina e la sua famiglia di apicoltori che lottano per tenere in vita un’economia minuscola mentre intorno incombono norme sanitarie, contributi europei e la seduzione del folklore televisivo – con un’apparizione ipnotica di Monica Bellucci.
Le api non sono solo sfondo: sono termometro dell’armonia tra uomo e territorio, liturgia quotidiana fatta di smielature, fumi e gesti tramandati. La regia osserva con pudore e precisione etnografica, la fotografia di Hélène Louvart scolpisce colori terrosi e luce lattiginosa, la recitazione non professionale aggiunge verità ruvida.
Premio della Giuria a Cannes 2014, è un racconto di formazione che usa l’alveare come metafora di comunità, lavoro e fragilità, dove ogni vibrazione delle api raddoppia quella dei legami umani.

Avventure di una coccinella (2018)

Lungometraggio d’animazione cinese diretto da Ding Shi, distribuito internazionalmente come The Ladybug. Protagonista è una giovane coccinella che sogna di fuggire dalla serra e raggiungere il leggendario Canyon d’oro, intraprendendo un viaggio iniziatico tra incontri, imprevisti e piccole prove di coraggio. Grafica 3D pulita, ritmo agile, durata contenuta.
Pensato per i più piccoli, punta su colori vivaci, gag leggere e un messaggio chiaro: crescere significa esplorare, scegliere e imparare dai propri errori. Semplice nella forma, funziona come racconto sull’autonomia e sulla curiosità che spinge oltre i confini del conosciuto.

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